LATTEMILIA

La bovina da latte nella zona del Parmigiano Reggiano: innovazione e tradizione per un allevamento sostenibile e per prodotti di qualità

 Delibera di Giunta regionale n. 2268 del 28 dicembre 2015

Focus Area: 2A- Migliorare le prestazioni economiche di tutte le aziende agricole e incoraggiare la ristrutturazione e l’ammodernamento delle aziende agricole, in particolare per aumentare la quota di mercato e l’orientamento al mercato nonché la diversificazione delle attività 
Tipo di operazione: 16.1.01 - Gruppi operativi PEI per la produttività e la sostenibilità dell’agricoltura
Sottomisura: 16.1 - Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura


Id domanda: 5004855
Finanziamento ricevuto :   € 26.253,66

Obiettivi e Finalità:

L’allevamento della bovina da latte, nel comprensorio del formaggio Parmigiano Reggiano, negli ultimi 50 anni ha avuto una profonda evoluzione. Dalla razza Reggiana e Olandese si è passati al ceppo Canadese e Americano, tramite una selezione spinta che ha permesso di ottenere animali di grossa taglia con caratteristiche morfologiche idonee per l’uso di impianti di mungitura di elevata tecnologia e con elevate produzioni. Da produzioni medie di 35/40 q di latte per capo degli anni ‘70 si è passati a produzioni pro capite di oltre 90/100 q negli anni 2000. Latte che ha mantenuto caratteristiche idonee alla caseificazione in quanto i criteri selettivi hanno tenuto conto del contenuto in grasso e caseina del latte, privilegiando le caseine più idonee alla caseificazione.

Il perseguimento di produzioni di latte sempre più elevate ha portato ad una forte riduzione della longevità e della fertilità degli animali, che oggi completano nelle stalle più produttive al massimo due/tre lattazioni, senza arrivare quindi al loro massimo potenziale produttivo (Fantini, 2011). A ciò si associa una maggior sensibilità alle malattie, a causa della riduzione delle difese immunitarie in soggetti dal metabolismo esasperatamente accelerato e indirizzato alla produzione di latte. Ciò comporta anche la necessità di una rimonta esageratamente elevata che incide sull’economia degli allevamenti. Da un’alimentazione basata principalmente su produzioni aziendali (erba e fieno integrati da alcuni kg di mangimi concentrati) si è passati ad una alimentazione completamente opposta dove la produzione aziendale di erba e fieno costituisce una parte quasi residuale della razione, costituita prevalentemente da mangimi concentrati di provenienza extra aziendali.

La carriera dell’animale dagli 8/10 anni di vita degli anni ‘70 con 6/ 7 parti si è ridotta ai 4 /5 anni di vita con uno o due parti. L’aspetto morfologico dell’animale sia in lattazione che a fine carriera era caratterizzato da buone masse muscolari che permettevano, in fase di macellazione, un reddito complementare. Attualmente la bovina si presenta estremamente magra sia in fase di lattazione che in asciutta e a fine della sua breve carriera i ricavi della carcassa sono estremamente ridotti.

In considerazione di queste premesse, gli obiettivi di questo progetto sono:

  1. Re-orientare l’allevamento della bovina da latte nella direzione di una maggiore longevità, alimentandola prevalentemente con foraggi di fibra in linea con i dettami del disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano. Ci si propone di applicare criteri di alimentazione e di management aziendali che puntino a orientare le curve di lattazione delle bovine verso il raggiungimento di picchi di produzione meno elevati ma con prolungata fase di persistenza, a vantaggio della produzione globale nella lattazione, della salute delle bovine e della loro longevità e fertilità. In questo ambito, un ulteriore obiettivo è costituito dall’introduzione nelle diete, fin dalle fasi più precoci di vita delle vitelle, di sostanze naturali ad attività antibatterica, in contrapposizione all’uso di antibiotici, il cui impiego verrà sempre più limitato in futuro in sede comunitaria per la crescente e preoccupante incidenza di antibiotico-resistenza. Ciò consentirà la riduzione delle patologie e dell’utilizzo di farmaci
  2. Valutare lo stato del benessere animale della vacca longeva rispetto alla vacca a ciclo produttivo breve. L’orientamento delle curve di lattazione delle bovine verso il raggiungimento di picchi di produzione meno elevati può comportare un migliore stato di benessere della vacca da latte;
  3. Analizzare la validità economica di modelli di produzione aziendali basati su vacche longeve. L’obiettivo è di dimostrare a quali condizioni tecniche ed economiche la vacca più longeva è in grado di produrre un reddito simile a vacche a più breve ciclo produttivo;
  4. Sviluppo di nuovi prodotti lattiero caseari per valorizzare latte prodotto nella filiera del GOI ad alto contenuto nutrizionale dopo un’attenta analisi di mercato e supportata da analisi nutrizionali, sensoriale e consumer test. L’obiettivo verrà pienamente raggiunto dopo la progettazione di un packaging idoneo che mantenga inalterate le peculiarità nutrizionali e sensoriali;
  5. Monitoraggio e benchmarking aziendali tecnico ed economico. L’obiettivo esplicito è mettere a confronto diversi modelli di sviluppo aziendale mediante il sistema di valutazione tecnico-economica collaudata Milk Money.

Risultati attesi:

Dalle suddette variazioni delle tecniche di allevamento e alimentazione delle vacche da latte ci si attendono miglioramenti della persistenza delle curve di lattazione, della fertilità e longevità degli animali, delle caratteristiche qualitative del latte e riduzione nell’incidenza di alcune patologie, nonché una riduzione dell’utilizzo di farmaci, in particolare di antibiotici.

Dalle valutazioni della composizione in acidi grassi e delle proprietà antiossidanti ci si attende di osservare più elevate quantità di acidi grassi insaturi ad elevato valore nutrizionale, come omega 3 e CLA, e di molecole a-tocoferolo, b-carotene e retinolo, rispetto alla media dei prodotti nel mercato, ottenuti da latte prodotto da vacche con alimentazione differente. Inoltre ci si aspetta di individuare nella frazione idrocarburica non volatile molecole marker dell’impiego di maggiori quote di foraggio nella razione alimentare degli animali. Infine ci si attende che lo studio della frazione volatile fornisca informazioni sulla qualità del prodotto, anche nel corso della sua conservazione, e che i dati siano di supporto alle valutazioni sensoriali del panel test.

Ci si attende che i nuovi latticini sperimentati e poi avviati alla caseificazione in scala reale, rispondenti alle evidenze emerse dalla fase di analisi di mercato, possano successivamente alla conclusione del piano essere avviati verso la distribuzione e commercializzazione attraverso la filiera costituitasi per il piano stesso, possedendo requisiti qualitativi superiori alla media in grado di suscitare l’interesse del consumatore, diversificando l’offerta delle aziende agricole e dei caseifici partecipanti. Il risultato è da considerarsi replicabile anche presso altri produttori del comprensorio del Parmigiano Reggiano interessati a migliorare il modello gestionale dell’allevamento e valorizzare i sottoprodotti della produzione del formaggio DOP impiegandoli in una nuova filiera, senza dimenticare la possibilità di spostare quote di latte dalla produzione del Parmigiano a quella di nuovi, pregiati, prodotti in previsione di una possibile introduzione di una quota produttiva massima.

Referente Scientifico: Luigi Grazia